"Il turismo è un fenomeno che ha una doppia lettura: è una minaccia, se produce solo luoghi di consumo effimero e pratiche protese a generare profitto immediato, senza programmazione. La città non deve diventare una piazza di street-food lasciando che il turismo produca invasione di Airbnb e frazionamenti. Questo approccio non produce crescita economica, sociale, culturale. Se invece la spinta del turismo viene capitalizzata realizzando miglioramenti strutturali, diventa una potenziale occasione di sviluppo". Della riscoperta del turismo internazionale a Napoli e delle ricadute sulla città, parliamo con Michelangelo Russo, direttore del Dipartimento di architettura (DIARC) dell’università Federico II di Napoli, con cui Elle ha organizzato l'evento Getting Greener.
Professor Russo, come è possibile evitare gli effetti dell'over-tourism, come è successo a Venezia?
Lo sviluppo sostenibile trova il suo percorso privilegiato nella rigenerazione architettonica e urbana, finalizzata a conferire qualità ai nostri ambienti di vita. È un'opzione che reclama nuove strutture per la cultura, il tempo libero: penso a un grande Hub culturale per la musica, l’arte contemporanea e la creatività – mi ispiro ad esempio al Centre Pompidou di Parigi – che trovi spazio in uno dei grandi edifici abbandonati come l’Albergo dei Poveri, il Mercato del Pesce al porto o l’Ospedale Militare.
Napoli è fatta di tanti quartieri diversi tra loro: è possibile “ricucire” un territorio tanto frammentato?
La ricchezza di Napoli sta nella coesistenza delle differenze. Ricucire il territorio nel corpo di Napoli vuol dire rigenerare aree interstiziali, luoghi di abbandono che diventano vere e proprie lacerazioni. Penso al lavoro che il Dipartimento di Architettura sta sviluppando nei quartieri Sanità, Vergini e Cristallini, a Bagnoli, a Ponticelli, a Secondigliano e a San Giovanni a Teduccio. Ricucire vuol dire anche interconnettere, garantire accessibilità alle diverse parti della città: il nuovo sistema della metropolitana è un potente volano di nuove relazioni urbane. I casi paradigmatici di Hafen City di Amburgo e di Eastern Docklands ad Amsterdam, due ex-zone portuali, o della Confluence di Lione, un’ex-area industriale, vanno in questa direzione, con progetti di qualità condivisi con la società locale.