I percorsi di riassegnazione di genere non sono uguali per tutti. Non tutte le persone trans, ad esempio, sentono il bisogno di sottoporsi a un trattamento chirurgico, altre scelgono semplicemente il trattamento ormonale, è una decisione soggettiva. Parte del percorso è anche la riattribuzione anagrafica, ovvero la modifica dei documenti di identità con il nome e il genere che corrispondono a quelli della persona in questione. In Italia è possibile richiederla al Tribunale in due casi: assieme alla domanda di autorizzazione di intervento chirurgico di riassegnazione di genere oppure (grazie a due importanti sentenze della Corte di Cassazione e della Corte Costituzionale) indipendentemente dalla chirurgia, qualora non si voglia o non si possa ricorrervi. Resta il fatto che, in Italia, il procedimento di rettifica del genere è complesso, lungo e pieno di ostacoli. In altri Paesi del mondo le cose sono molto più semplici.
I Paesi del mondo in cui è più facile cambiare genere
Secondo l'International Lesbian and Gay Association (ILGA), almeno 25 Stati membri delle Nazioni Unite “consentono il riconoscimento legale del genere senza requisiti proibitivi”. Ma sono ben pochi quelli che permettono alle persone transgender di cambiare il proprio status anagrafico con una semplice dichiarazione. Da questo punto di vista l'Argentina ha fatto da apripista. Già dal 2012 consente la riassegnazione anagrafica con una semplice dichiarazione e diversi paesi dell'America Latina hanno seguito l'esempio, tra cui Bolivia, Cile, Colombia, Ecuador, Perù e Uruguay.
In Europa la Danimarca è stata la prima, nel 2014, a consentire agli adulti di richiedere la modifica anagrafica senza sottoporsi a valutazioni mediche o psicologiche. Lo stesso oggi vale per Belgio, Irlanda, Malta e Norvegia. A questi si è aggiunta da poco la Spagna con la nuova “Ley Trans” approvata lo scorso febbraio. Prevede la possibilità per tutte le persone a partire dai 16 anni di autodeterminare liberamente la propria identità di genere. Anche i minori di 14 anni possono presentare domanda, ma con il permesso dei genitori o dei tutori legali. Questo rende tutto molto più agile: non servono perizie mediche che attestino la disforia di genere, né valutazioni da parte del giudice sul livello di immedesimazione nel genere percepito, basta una dichiarazione della persona interessata.
Ci sono poi alcuni Paesi, in particolare nell'Asia meridionale, che hanno già da tempo riconosciuto un terzo genere né maschile né femminile. Il Pakistan è stato il primo in assoluto a riconoscerlo legalmente, il Nepal nel 2013 ha aggiunto una categoria per le persone trans sui certificati di cittadinanza e lo stesso ha fatto l'Australia. Negli anni successivi anche India e Bangladesh hanno introdotto il "terzo genere" e, nel 2018, è stato il turno della Germania che l'ha previsto per i certificati di nascita delle persone intersessuali. Infine, anche negli Stati Uniti, il Dipartimento di Stato ha introdotto, nel 2021, la possibilità di utilizzare la "X" come terzo genere. In ottica globale, qualche lento passo avanti c'è e rendere la transizione legalmente più accessibile è importante non solo per la vita quotidiana delle persone trans, costrette altrimenti a sottoporsi a lunghe e pesanti perizie psichiatriche, mediche e legali, ma anche per contribuire a creare una cultura più inclusiva e rispettosa dell'identità sessuale altrui.